
Veronica Vecchi, Niccolò Cusumano e Manuela Brusoni
Spesso, in momenti di stallo, reale o apparente, viene in mente la situazione assurda del dramma di Samuel Beckett “Aspettando Godot”, scritto dopo la Seconda Guerra Mondiale e pubblicato nel 1952, in un clima di attesa, di inevitabile necessità di ripresa e di rigenerazione, ma di enorme incertezza. Quindi “Andiamo? Sì, andiamo!”, ma Didi e Gogo non si muovono. Mister Godot arriva il giorno dopo!
Attraverso questa lente leggiamo la sfida della ricostruzione delle competenze della Pubblica Amministrazione, tanto invocata e attesa, tanto trascurata nel passato. Secondo il conto annuale del personale 1,17 giorni in media di formazione per dipendente nel 2019 per una spesa di circa 163 milioni di euro, pari a circa 48 euro a dipendente.
Le prime mosse sono state fatte con la presentazione del “Piano Strategico per la Valorizzazione e lo Sviluppo del Capitale Umano della Pubblica Amministrazione” lo scorso 10 gennaio.
In un contesto caratterizzato da uno storico sottoinvestimento in formazione – che ha depauperato la capacità delle amministrazioni di definire, implementare e valorizzare i piani di formazione, e che quindi ha innescato anche il mercato a offrire una formazione spesso non qualificante – intravediamo il rischio, anche alimentato dai tempi rapidi di spesa dettati dal PNRR, che i nuovi investimenti in formazione non contribuiscano a una svolta reale ma che riproducano, o addirittura rinforzino, un assetto convenzionale e spesso inefficace. Servirebbe un approccio greenfield della formazione alla PA, inevitabile ma scarsamente percepito nella sua essenza e attuazione… arriverà domani…
Se è lodevole lo sforzo di investire finalmente in formazione per la PA, con la creazione (con la Legge di Bilancio 2022) di un apposito fondo per la formazione dei dipendenti e il finanziamento a valere sul PNRR per iniziative formative che coinvolgeranno circa 750 mila dipendenti, non sembrano cambiati la prospettiva, i contenuti, le priorità e le modalità di intervento che guidano l’allocazione delle risorse, né la consapevolezza e la verifica delle competenze attese e raggiunte, né, ancora, il cambiamento atteso che la formazione dovrebbe contribuire a generare. Come ci aspettiamo la PA nei prossimi anni? Più operativa o più strategica, più concentrata sugli input – le risorse immesse nel sistema pubblico – o in grado di definire gli impatti attesi e di monitorarli, verificarli e, se il caso, riorientarli?
E sarà sufficiente rinforzare la componente giuridica, o quella contabile, lasciando all’apprendimento sul campo, ammesso che arrivi, capacità strategiche, di previsione, di esecuzione e di monitoraggio e valutazione, anche, e soprattutto, delle sempre crescenti attività commissionate al mondo privato? D’altra parte, come indicato nelle tappe attuative del PNRR, diverse azioni e indicatori quantitativi dovrebbero guidare a rifondare, con soluzioni pratiche, un piano di riforma della PA, in modo che risulti attrattivo e stimolante per i nuovi ingressi e motivante per l’evoluzione di chi già opera nella PA.
È forse il momento di impostare una diversa chiave di lettura di competenze, formazione, applicazione, verifica e sviluppo continuo, sempre meno legati a titoli formali e indicatori facilmente misurabili (es. il numero delle ore), e con una crescente necessità di tracciare in modo affidabile e trasparente la crescita professionale, manageriale e umana delle persone, nelle organizzazioni e nella società.
Lasciando per un momento il focus sulla PA e rileggendo la dinamica di analisi e sviluppo delle competenze in campo manageriale da una prospettiva internazionale, è interessante valutare due linee di evoluzione, che si alimentano reciprocamente: un filone riguarda le Micro Credenziali (MC) di cui scriveremo in un prossimo articolo, anche per riportare i risultati di un Gruppo di Lavoro ENQA sul tema[1]; un secondo filone, quello su cui desideriamo fare qui e ora alcune considerazioni e applicarle a un esempio nel campo della PA, riguarda l’esigenza di riformulare la ormai obsoleta codifica delle competenze in Hard vs Soft, e, attraverso la lettura di una sollecitazione lanciata recentemente da un report di AACSB[2], per ripensare a un possibile modello che colga nuove istanze e bisogni in modo più articolato e flessibile. Sempre lo scorso anno, anche a seguito della convergenza di diverse variabili, tra cui la pandemia, la trasformazione digitale e il distacco da un affidamento apodittico al valore legale di un titolo di studio, uno studio congiunto del World Economic Forum e PwC “Upskilling for Shared Prosperity”, nelle parole di AACSB, “calls for an upskilling revolution that would enable people around the world to participate fully in the future of work, whatever that might be”.[3]
Tornando al report di AACSB, esso cita un articolo recente pubblicato dalla rivista Chief Learning Officer che mette in discussione il vecchio concetto di soft versus hard skills proponendo un nuovo modello centrato su quanto viene definito skill durability, che riportiamo in lingua originale, per evitare traduzioni interpretative personali:
- Perishable skills (< 2,5 anni): Tech skills related to vendors, platforms, programming languages, and organization-specific policies and tools;
- Semi-durable skills (2,5-7,5 anni): Frameworks specific to certain fields, including technologies, processes, and tools that are likely to change with industry advances or shifts in business strategy or approach;
- Durable skills (7,5+ anni): Teachable, tangible, and measurable skills, including project management, effective communication, and leadership, that are foundational to the effective development and implementation of semi-durable and perishable skills required of an organization.
Occupandoci da anni della formazione dei manager che si trovano a gestire la strategia e la complessa quotidianità del public procurement in Sanità (che nel periodo 2017-2020 ha comportato gare per circa 65 miliardi di euro l’anno in media), abbiamo provato a riflettere sulle competenze dei ruoli decisionali e manageriali che si occupano di questi temi, apparentemente prevalentemente giuridici e normativi, ma, in realtà, profondamente connessi alla qualità dei servizi sanitari offerti, al valore e alla continuità delle cure, alla costruzione di condizioni organizzative che mettano il personale sanitario in grado di operare al meglio, quindi con una esigenza molto forte di capacità manageriali, direzionali e decisionali.
L’osservatorio privilegiato che vogliamo utilizzare è il Corso di perfezionamento Masan, che, accompagnato da un’attività di ricerca applicata sul tema condotta nell’ambito dell’omonimo osservatorio Masan[4] , si occupa da molti anni in SDA Bocconi del tema del Public Procurement in Sanità.
Il modello formativo, che si è evoluto nel tempo, oggi è in un certo senso allineato alla proposta di profonda revisione del concetto di hard e soft skill, avendo da tempo il programma Masan sviluppato un impianto formativo che si fonda sia su competenze che abbiamo definito “fondative”, legate ad esempio a capacita decisionali, di analisi, soluzione dei problemi complessi e alle competenze “tecniche” caratteristiche dell’ambito professionale in oggetto, quali gli aspetti giuridico-normativi, le prime vicine alle durable e semi-durable, le seconde che possono essere considerate analoghe alle perishable.
- Perishable. Devono essere aggiornate con frequenza, anche attraverso momenti tecnici e brevi di training: l’impianto normativo cambia, la giurisprudenza evolve, i casi di studio insegnano.
- Semi-perishable. Hanno necessità di essere rinfrescate con periodicità, anche legandole alle variazioni normative e ai cambiamenti del mercato e dei settori, alle innovazioni tecnologiche che possono intervenire, ad esempio digitalizzazione, e-procurement, passaggio dal bene al servizio (servitizzazione), lean procurement.
- Durable. Quelle fondative come marketing d’acquisto, supply-chain management, performance management, project, contract e risk management, leadership, negoziazione, design-thinking non immutabili nel tempo, ma da rinfrescare periodicamente attraverso momenti di apprendimento strutturati, di scambio di esperienze, di confronto su innovazioni possibili e sostenibili. Uno schema riassuntivo è presentato nella figura seguente.
- Evolutive. Quelle legate a nuove tendenze emergenti e a traiettorie di evoluzione del ruolo del procurement sanitario (modelli di partnership pubblico-privato, value based procurement, contratti outcome-based).
L’esempio vuole essere uno stimolo per le diverse PA a definire piani di formazione che partendo dalle competenze necessarie per la gestione operativa e strategica, e quindi per i diversi ruoli, definiscano percorsi di formazione e verifica coerenti con l’aggiornamento di quelle perishable e semi-durable e lo sviluppo di quelle durable ed evolutive. I piani di formazione dovrebbero poi considerare diverse modalità di azione, con la consapevolezza che gran parte della formazione avviene anche in modo informale, sempre che sia adeguatamente programmata, tracciata e valutata.
Tre sono i principali vettori di sviluppo delle competenze (modello delle tre E), che contribuiscono in modo sinergico allo sviluppo delle stesse (come indicato in tabella):
- Education – Formazione tradizionale (aula, a distanza, autoapprendimento)
- Experience – Esperienza/formazione informale (knowledge sharing su casi, progetti realizzati da team multidisciplinari e multiesperienza)
- Empowerment – Sviluppo (sfide su progetti innovativi, sviluppo di formatori interni/role model).
Stimolati dalla necessità di rilancio delle competenze nella PA e condividendo le esigenze di rinnovare ruoli e responsabilità dei decisori e dei manager pubblici alla guida delle istituzioni, desideriamo, attraverso queste riflessioni, ribadire che il rafforzamento delle competenze non è né monodirezionale né monotematico, né affidabile esclusivamente ad attestati legali.Lo sviluppo di piani della formazione basati su queste logiche richiede inevitabilmente lo sviluppo di competenze ad hoc nella PA, per evitare che le risorse del PNRR portino solo all’acquisto di ore di formazione, al minor prezzo, coprendo il maggior numero dei dipendenti, senza alcuna visione strategica e assicurazione di qualità e risultato.
Il cambiamento tanto atteso, se la prospettiva non cambia, se non si apre spazio alla capacità decisionale e a una discrezionalità positiva sorretta e tutelata da un percorso ben concepito di life-long learning della PA, potrebbe arrivare insieme a Mister Godot.
[1] ASFOR, nella persona di Manuela Brusoni, è coinvolta in un Gruppo di Lavoro ENQA sulle micro-credenziali, i cui risultati verranno presentati nella seconda parte del 2022.
[2] Microcredentials: Connecting Business Schools and Business Through Lifelong Learning. An AACSB Briefing Paper, August 2021
[3] World Economic Forum and PwC, Upskilling for Shared Prosperity Insight Report,January 2021, www.pwc.com/gx/en/issues/upskilling/shared-prosperity/upskilling_for_shared_prosperity_final.pdf