Economie del futuro

Prima del learning, il digital: i giovani e la formazione manageriale

Next generation

Torna l’appuntamento con la rubrica dedicata alle nuove generazioni con questo articolo curato da Luigi Serio, Vice Presidente APAFORM e Docente di Economia e Gestione delle Imprese, insieme al digital specialist Antonio Santangelo


Nei giorni scorsi, abbiamo avviato, nel Comitato direttivo di APAFORM, una riflessione sul tema dei giovani e la nostra professione, quella di formatore manageriale. Al pari di altre professioni, quella del formatore manageriale è una figura sostanzialmente nascosta, in sofferenza rispetto a identità professionali più riconosciute e istituzionalizzate, professore di scuola o università, per lo più ignorata dalle nuove generazioni. Eppure, il bisogno formativo è enorme e il pensiero di chi lo possa e debba soddisfarlo è una urgenza “sociale” che APAFORM ha raccolto dedicando spazio, tempo, testa ed energia. In questa sezione avvieremo discussioni sul tema, segnaleremo dati e ricerche sul tema, soprattutto cercheremo di farci una nostra idea.

Noi e i futuri hacker

Potrebbe sembrare un paradosso, ma è un fatto che i nativi digitali non sono ancora sufficientemente attrezzati per affrontare al meglio la sfida del digitale. Il Desi, l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società 2022, che registra i progressi compiuti negli Stati membri dell’UE in ambito digitale, ci assegna il 18° posto tra i 27. Al pari di altre classi anagrafiche, viene confermato un ritardo strutturale del nostro Paese, in parte di prassi, in parte di metriche.

I giovani sono quelli che utilizzano più massicciamente i devices digitali, soprattutto gli smartphone, soprattutto i social, ma questo non ne fa ancora dei cittadini digitali competenti. Una recente ricerca Isfol[1] su giovani e tecnologie segnala che il 94% possiede un computer e l’80,8% lo utilizza quotidianamente. Il 70% ha imparato da solo ad utilizzare il computer, il 16,1% ha imparato a scuola. Il 77,5% utilizza Internet frequentemente, quasi tutti i giorni. La connessione avviene soprattutto da casa “l’utilizzo delle tecnologie tra i giovani è soprattutto una pratica che attiene alla sfera privata e che riguarda poco il luogo di lavoro”, recita il rapporto, sottolineando la spinta autodidatta dei giovani. Ma la curiosità, positiva, va governata e indirizzata.

Anche per l’uso di Internet vale questo aspetto, non si accede alla rete perché il 54% non lo ritiene utile, perché non si ha l’autorizzazione (22,5%), o perché al lavoro non c’è collegamento alla Rete (14%).

Il mondo del lavoro lo tiene distante (è notizia recente il divieto di TikTok nei posti di lavoro pubblico), senza focalizzazioni specifiche e sistemi sociali di controllo ne deriva che i due terzi dei ragazzi utilizzano i social senza regole o controlli da parte della famiglia o delle aziende.

Più di un ragazzo su tre reputa che gli adulti abbiano scarse capacità online, come rivela una ricerca della no-profit Social WarningMovimento Etico Digitale[2]. Ne deriva che il mondo adulto non è punto di riferimento, i mezzi di intrattenimento e informazione tradizionali vengono snobbati, linguaggio e format sono considerati poco interessanti e obsoleti. Quindi anche le cautele ed eventuali suggerimenti sull’utilizzo critico della tecnologia vengono ignorati, in ogni caso non ritenuti credibili.

A fronte della capacità di muoversi con disinvoltura tra le applicazioni digitali c’è, come tra gli adulti, poca conoscenza diffusa degli aspetti tecnici, dei rischi impliciti, dell’impatto politico e sociale delle piattaforme e del loro impatto sugli aspetti cognitivi.

Una ricerca dell’Istituto Scenari[3] sui comportamenti dei giovani italiani (18-30) rispetto al digitale indica che il 67% dei giovani consultano solo l’edizione italiana di Wikipedia; solo il 56% dichiara di verificare le notizie con altre provenienti da altre fonti; il 42% considera i social network luoghi dove si è controllati e sorvegliati. Il 56% dei giovani provano simpatia per robot antropomorfi e il 75% considerano auspicabile la convivenza con Intelligenze Artificiali autonome.

C’è apertura verso l’innovazione, istintiva e orientata alle novità e spinta da una curiosità positiva. A fronte di questa apertura non vi è la medesima attenzione ad aspetti critici quale la privacy e la tutela dei propri diritti; un terzo circa è esposto a rischi di ripetuti attacchi di cyberbullismo, adescamento e truffe. Il 62% di loro ignora che i contenuti pubblicati sui social potrebbero essere valutati da chi farà loro un colloquio di lavoro. Non vi è un dato sull’attenzione alla cybersicurezza o alla capacità di distinguere le fake news, ma su quello è tutto il Paese che è impreparato.

Insomma, anche i giovani rimangono abbastanza estranei a quella che potrebbe definirsi una cultura della cittadinanza digitale, cioè la capacità di esercitare i propri diritti e i propri doveri all’interno di regole e sistemi di relazioni comunitari e identitari.

Lo sviluppo accelerato delle tecnologie non fa che sottolineare la fragilità di questa condizione. L’utilizzo dell’IA, ad esempio, spinto da applicazioni di chatbot come ChatGPT, costituisce una possibile minaccia e una opportunità, e riassume tutte le tematiche legate all’utilizzo appropriato del digitale, non solo per i giovani. L’applicazione richiede, se si vuole utilizzarla al meglio, di saper formulare le giuste domande in modo da ottenere risposte il più possibile circoscritte alle intenzioni. Inoltre, una volta ottenute le risposte, richiede una capacità critica indispensabile a selezionare il verosimile dal veritiero. È perciò necessario il ricorso a un bagaglio culturale strutturato e a un metodo analitico.

Su questo si innesca la possibilità del rapporto tra il mondo adulto e i giovani, nella relazione tra lo spirito di avventura e la competenza, tra scoperta e selezione, dialogo formativo e confronto. Su questo, il PNRR destina cifre consistenti alla formazione digitale dei cittadini, in maniera inclusiva, senza distinzione di genere, età razza, tutti i cittadini.

Il mondo delle pratiche va avanti, affronta i problemi, li risolve in maniera grossolana ma va avanti. Oggi nelle aziende, di qualsiasi natura e settore, si assiste a un conflitto generazionale che vede coalizzati giovani e over nei confronti dello zoccolo duro del management. L’arma del conflitto potrà essere l’intelligenza artificiale e le sue applicazioni in azienda, il dialogo di pace la possibilità di non negare ma sapere usare la trasformazione digitale quale luogo simmetrico di relazione e scambio. Ma la visione gerarchica del mondo, che ancora regola le relazioni e le transazioni fra le persone, lo permetterà?


[1] Il divario digitale nel mondo giovanile: il rapporto dei giovani italiani con le ICT, ISFOL; Botta, Paolo

[2] https://socialwarning.it/

[3] https://www.scenari.it/2021/05/03/etica-digitale-giovani-tecnologia-ricerca-assoetica-scenari/

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