A distanza di poche settimane dal mio precedente contributo per formaFuturi, gli strumenti di Intelligenza Artificiale Generativa (IAG) si sono moltiplicati. Ora ChatGPT-4 affianca ChatGPT-3, vantando un numero di parametri (i pesi numerici che determinano il comportamento della rete neurale) 571 volte maggiore della versione precedente. Microsoft ha incorporato ChatGPT in Bing. Google ha annunciato Bard (per ora solo in USA) e anche Elon Musk ha annunciato lo sviluppo di un suo strumento di IAG.
Questi modelli ci offrono in modo facile ed immediato un potere di analisi e creazione di testo e immagini senza precedenti, ma in che modo questi strumenti cambieranno il mestiere del formatore?
Nell’articolo del numero di febbraio di questo magazine sostenevo che l’adozione dell’intelligenza artificiale generativa probabilmente seguirà un percorso simile a quello delle calcolatrici. Ci saranno compiti in cui è richiesta l’assistenza dell’IAG e altri in cui l’uso dell’IAG non sarà consentito. Troveremo un equilibrio pragmatico che permetterà di integrare l’IAG nel processo di apprendimento senza compromettere lo sviluppo di competenze critiche. Così come le calcolatrici non hanno sostituito la necessità di imparare la matematica, la IAG non sostituirà la necessità di imparare a scrivere e a pensare in modo critico ma cambierà il modo di farlo, imponendoci di ridefinire gli obiettivi e percorsi di apprendimento e i modi per verificarlo.
Una trasformazione più immediata: l’abilitazione dell’active learning
Ma l’impatto dell’Intelligenza Artificiale Generativa andrà oltre. Gli studenti stanno usando la IAG sistematicamente e ci mettono di fronte alla necessità di trasformare le modalità di trasferimento e creazione della conoscenza nelle aule. Di fatto ChatGPT sta già assumendo parte del ruolo dei docenti, come mi ha detto uno studente MBA: “Perché alzare la mano in classe quando puoi fare la domanda a ChatGPT?”.
Per capire come far evolvere i processi di formativi, possiamo partire dal ricordare i limiti dei metodi di insegnamento tradizionali, basati su lezioni frontali, e capire perché le alternative al frontale non sono ancora decollate nonostante siano in circolazione da anni.
Le lezioni frontali tendono a basarsi su un apprendimento passivo, in cui gli studenti si limitano ad ascoltare e a prendere appunti senza impegnarsi attivamente. Per questo l’attenzione degli studenti cala rapidamente durante le presentazioni e l’apprendimento ne risente. Un altro elemento critico è rappresentato dal fatto che la lezione a senso unico uguale per tutti non tiene conto delle differenze delle capacità individuali, così alcuni studenti rimangono indietro, mentre altri si distraggono per mancanza di sfide intellettuali.
Una filosofia opposta, l’active learning o apprendimento attivo, elimina la lezione frontale, chiedendo agli studenti di partecipare al processo di apprendimento attraverso attività di problem solving, di lavoro di gruppo ed esercitazioni pratiche.
Numerosi studi ( Hake, 1998; Prince, 2004; Freeman et alii, 2014) confermano il fatto che l’active learning è uno degli approcci più efficaci alla formazione, ma richiede un grande sforzo da parte dei docenti, per sviluppare i percorsi e i materiali, e degli studenti, che hanno bisogno di una preparazione iniziale adeguata. Come integrare quindi apprendimento attivo e passivo?
Una soluzione per rendere l’apprendimento più attivo è la flipped classroom (Tucker, 2012; Bruttini, 2021). Questo metodo di insegnamento capovolge il modello tradizionale di formazione, facendo in modo che gli studenti si preparino autonomamente sui nuovi concetti a casa, in genere attraverso video o altre risorse digitali, e poi applichino ciò che hanno imparato in classe condividendo quanto appreso attraverso attività collaborative, discussioni o esercizi di problem solving.
L’idea principale della flipped classroom è quella di massimizzare il tempo in classe dedicato all’apprendimento attivo e al pensiero critico, utilizzando al contempo l’apprendimento a casa per l’erogazione dei contenuti. Ma l’efficacia della flipped classroom è legata al fatto che i materiali forniti agli studenti per prepararsi siano più o meno facilmente fruibili. Il problema risiede quindi essenzialmente nella disponibilità di risorse: tempo necessario ai docenti per preparare i materiali e facilità di reperire buoni materiali didattici “capovolti”. Queste difficoltà hanno così favorito il mantenimento di uno status quo in cui l’active learning rimane una modalità rara.
L’Intelligenza Artificiale Generativa entra in gioco proprio qui, semplificando la vita dei docenti, alleggerendo il carico di creazione dei materiali e rendendo più interessante e attivo il lavoro di preparazione alla lezione degli studenti. Grazie a questi strumenti, il docente può fornire agli studenti degli argomenti da sviluppare e alcune domande chiave alle quali dovranno rispondere autonomamente, interagendo con l’IAG liberi di seguire il proprio flusso logico per poi arrivare in classe pronti per attività pratiche o discussioni e desiderosi di interagire con gli altri.
In futuro potranno addirittura essere disponibili dei tutor IAG per adattare il livello dei contenuti alle esigenze specifiche di ciascun studente, permettendo loro di impegnarsi in modo più facile ed efficace a casa arrivare in classe preparati, e fornendo ai docenti elementi oggettivi per la valutazione individuale.
Non stiamo parlando di una chimera, Khanmigo, di Khan Academy, è già oggi un eccellente tutor virtuale di questo tipo basato su GPT-4 in azione a supporto dell’apprendimento delle STEM.
Strumenti analoghi potranno essere incorporati nelle applicazioni che usiamo per scrivere e produrre materiali didattici stimolanti e innovativi. Gli studenti stanno già usando l’Intelligenza Artificiale come strumento di apprendimento e molti docenti stanno già usando l’IA per preparare le lezioni. Il cambiamento è quindi già in atto e tutti noi formatori possiamo esplorarlo, dargli un senso e guidarlo in modo creativo.