Rivoluzione digitale e dintorni

Più educatore che formatore

Disruptive work @digital

Stiamo vivendo una situazione apparentemente paradossale: da una parte il mondo sta cambiando in maniera rilevante e secondo diverse dimensioni; si parla infatti sempre più frequentemente di poli-crisi e quindi la creazione delle nuove competenze diventa un tema critico e prioritario per tutti. Dall’altra la formazione è guardata con sempre minore interesse: si continuano a erodere i margini economici dei formatori, la formazione è una delle prime spese da tagliare quando si lancia un contenimento dei costi e raramente il responsabile della formazione diventa capo-azienda.

Questa situazione fa il paio con un altro paradosso tipico del nostro tempo: aumenta in modo rilevantissimo la conoscenza disponibile grazie alla capillarità della rete e a un’inesauribile spinta alla produzione e condivisione di contenuti di pregio, ma allo stesso tempo si riduce la competenza e la conoscenza delle persone. Basti vedere la rinascita dei negazionismi e delle varie forme di complottismo, oppure il successo dello slogan “uno vale uno” con cui il cittadino comune contrasta il ruolo degli esperti.

Forse, ritenendo utile contribuire a risolvere questi contrasti che sono deleteri per lo sviluppo sostenibile, coeso e democratico della società, dovremmo ripartire dalla figura stessa del formatore e richiamare la sua dimensione più autentica di “maieuta”, mentore, educatore.

Le parole contano e la parola formatore non è particolarmente positiva; suggerisce infatti una figura professionale il cui compito è dare forma – generalmente con lo stampino – alle persone, plasmarle … spesso a propria immagine e somiglianza. È molto più corretta e ispirativa quella di educatore che, come ci suggerisce l’etimologia latina, è colui che aiuta ciascuno di noi a prendere la propria strada – e-ducere ci ricorda il latino – e non ci forza a seguire la nostra strada imitandoci – se-ducere sempre in latino, da cui sedurre, guidare a sé. I grandi educatori danno valore soprattutto facendo domande che spiazzano e mettono voglia di approfondire più che nel dare risposte. Non è che si tirano indietro dal rispondere, ma non vogliono indurre in comportamenti imitativi e allora abbozzano schemi di risposta consentendo e invitando ciascuno a trovare la propria risposta.

Il formatore deve ritornare a essere un “maieuta” che aiuta in questo percorso; uno che dà consigli senza sostituirsi e invadere il campo. Un autentico mentore deve agire come la figura descritta nell’Odissea. Incaricato da Odisseo a occuparsi – ma da lontano – di Telemaco e a osservare la sua crescita intervenendo solo quando necessario. Una crescita che deve avvenire in assenza del padre, che era totalmente assorbito dalla lontana guerra di Troia. È interessante ricordare che la figura del mentore aveva sia una dimensione maschile sia una dimensione femminile: Mentore era certamente un uomo, ma era spesso Atena – nume tutelare di Odisseo – che prendeva le sue sembianze e interagiva con Telemaco, consigliandolo. La mentorship deve pertanto fare leva su questa dimensione androgina e unire la visione analitica, la forza e la determinazione tipicamente maschile con un’attenzione, una cura, un’intuizione tipicamente femminile.

Un altro contributo molto importante dell’educatore, oggi, è aiutare il proprio mentoree a sviluppare un’autentica conoscenza multidisciplinare. Aspetto talmente importante che ha spinto il filosofo Giorgio Agamben a dire: “serve una disciplina dell’interdisciplinarietà”. Troppo spesso le aziende affrontano la multidisciplinarietà organizzando percorsi formativi con molti esperti di chiara fama. Certamente i partecipanti rimangono intrigati da tante competenze e celebrità. Ma la vera questione è, però, che cosa rimane? Sono i partecipanti davvero in grado di integrare domini così diversi fra di loro? Spesso ciò che rimane sono, purtroppo, dei veri e propri silos cognitivi, molto difficili da integrare da parte di persone non abituate a interagire con diversi ambiti conoscitivi e inesperte nella multidisciplinarietà. Un altro paradosso legato alla formazione: da una parte i sistemi agili abbattono i silos mentre dall’altra parte la formazione li ricostruisce…

E allora qui può entrare il mentor: nell’aiutare il mentoree a organizzare e integrare la conoscenza ricevuta; potremmo chiamare questo ruolo “content integrator”: una sorta di garante dello sviluppo educativo del mentoree nel corso del tempo.

 

Correlati